I tried to write it down as fast as I could. Sorry for the mistakes.
Avevo tredici anni e i pantaloni troppo corti, la fronte mi sudava e le bretelle mi tiravano sul collo. Quella sera d'estate, a Bordighera, decisi che odiavo l'Italia. Tutto era difficile. Nei bar non mi servivano, mi sentivo a disagio e indatto, e tutta l'attenzione era riservata alle mie sorelle. Le donne straniere non hanno idea di che cos'e veremente l'Italia: chiedetelo a un gaffo adolescente maschio. Lui conosce la verita.
Da ragazzo le nostre vacanze estive erano sempre nel Sud della Francia. Scendevamo in macchina da Londra, sulla nostra Toyota Previa bianca, stipata di bagagli, cuscini, genitori, gualche animaletto di famiglia tra cui un coniglio nacosto sotto al mio sedile e i miei quatro fratelli. Stare seduti sul pacimento dell'auto non era una scelta, era una necessita. Se il bagagliaio si chiudeva e la polizia non ci beccava, salpavamo da Londra per il nostro viaggio di venti ore verso il sole.
Bordighera e le strade di Sanremo sono state la mia prima esperienza dell'Italia. Mia madre adorava la cucina e la gente, e la gente ricambiava il sentimento. Con i suoi vestiti larghi e colorati, il suo fisico rotondo e il suo sciame di bambini in italia era ben accolta, mendre in Francia riceveva sempre sguardi gelidi. La mie sorelle, carine e sorridenti, si crogiolavano nelle attenzioni. Mio fratello era solo un bambino e apprezzava il fatto che aveva vissuto a Roma, parlava italiano e aveva fascino. Fascino! Ecco una cosa che non avevo a 13 anni. Ero goffo. Tranquillo ma con improvvise esplosioni di espressivita, che mettevano a disagio la gente che mi stava intorno. Forse mi vedevano como uno strano, o effemminato. I miei erano spesso cose avevo fatto io. Pantaloni accorciati, brettelem camicie a maniche lunghe con colletto e cravattino. Non ero a mio agio con me stresso e sentivo che gli italiani non lo erano con me. La spigliatezza dei ragazzimi intimidiva. Volevo scappare via da loro.
Il mio secondo incotro con l'Italia avvenne molto piu tardi e lontano dall'Italia, a Londra. Avevo 19 anni e studiavo opera lirica al Royal College of Music, dove cantai come baritono per tre anni e mezzo. Non appena antrai nell'aula del corso di canto italiano, tenuto dal professore Marco Canepa, mi sentii di nuovo come quel goffo ragazzino di 13 anni. Il prof era un uomo basso di mezza eta e parlava in modo schietto e sincero, con forte accento italiano. Indossava bretelle rosse e adorava l'opera. In tre anni e mezzo che l'ho avuto professore, ho cantato in sua presenza solo cinque volte, e sempre la stessa canzone, 'Gia il sole dal Gange', si Scarlatti. Ero terribile. Ero un cantante pop che fingeva de essere un cantante classico e sembrava un baritono sessantenne. Canepa era disperato: mi chiamava "il muto". Alla mia ultima lezione con lui, gli dissi che un giorno avrebbe potuto verdemi a Milano, ma non alla Scala perche era troppo piccola. Penso che fossi impazzito.
Saltiamo in avanti di cinque anni: al mio primo concerto italiano al'Alcatraz di Milano. Ameta show, mi metto seduto e suono un pezzo tranquillo, Over my Shoulder. Quando mi produco nelle note alte prolungate, la folla comincia a fare un gran brusio. Inorridisco, penso che mi stiano contestando e stanto proseguo il concerto. Solo alla fine mi rendo conto che non mi stavano contestando ma acclamando: apprezzavano il mio modo di cantare. Non era mai incappato in un publico del genre prima di allora. Il professor Canepa non mi era mai sembrato tanto lontano.
Il mio odio di adolescente per l'Italia si e transformato in amore. Ora mi rendo conto: Italians get it. Non se esattamente cosa, ma hanno capito. Vedono la bellezza e cio che e straordinario in cose che gli altri considerano ordinarie. L'Italia mi ricorda la mia famiglia, quando gridavamo e ridevamo nei nostri lungi viaggi a bordo della Toyota Priva.
Thank you Robertina for the scan!