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Mika in Italian press - 2023


Kumazzz

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TG Norba 24

https://norbaonline.it/2023/08/17/virale-sul-web-il-video-di-una-ragazza-non-vedente-che-duetta-con-mika-a-matera/

17 Agosto 2023  15:11

 

Virale sul web il video di una ragazza non vedente che duetta con Mika a Matera

 

Lei si chiama Rita, 22 anni, di Trani, al secondo anno di psicologia, una passione innata per la musica

 

Intervista: Rita Di Cugno

Servizio Giovanni Di Benedetto

 

 

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1 hour ago, SusanT said:

RAI's 8 o'clock GR1 (Giornale Radio) announced Mika's birthday ( near the end) with about a 20 second extract from an interview with Mika..

 

Rai Radio1
GR 1 ore 08:00 del 18/08/2023

18 Ago 2023

https://www.raiplaysound.it/audio/2023/08/GR-1-ore-0800-del-18082023-ad80c44f-886c-436a-b6f1-29b1dad2d5a0.html

 

A part of Mika ( AUDIO VIDEO )

 

 

 

 

 

Edited by Kumazzz
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4 hours ago, SusanT said:

 

la Repubblica

https://www.repubblica.it/moda-e-beauty/2023/08/18/news/mika_40_anni_eta_compleanno_fidanzato-410011259/

18 Agosto 2023 alle 04:39

 

I primi fantastici quarant'anni di Mika

 

La vita travolgente di Michael Holbrook Penniman Jr., in arte Mika: dalla musica che fa scatenare allo stile giocoso e colorato dei suoi look in perfetto accordo con le sue canzoni. Il 18 agosto compie quarant'anni e si lascia alle spalle un mese di concerti in Italia. Tra gli ingredienti del suo successo la multiculturalità che lo fa sentire a casa in tanti Paesi diversi

 

La maggior parte dell'estate l'ha trascorsa in uno dei suoi Paesi d'adozione, l'Italia, che ha girato in tournée durante il mese di luglio. Il 18 agosto, invece, è il momento per Mika di festeggiare un traguardo importante: i suoi primi quarant'anni. In una bella intervista rilasciata a dLui il poliedrico artista dall'energia debordante ha detto che sa dove si troverà: "In Grecia, spero. Sull’acqua, spero". E cucinerà delizie libanesi, celebrando così la sua terra natìa. Michael Holbrook Penniman Jr., questo il suo vero nome, è originario di Beirut dove ha vissuto solo un anno prima di trasferirsi a Parigi con la famiglia per evitare il conflittio civile che era scoppiato in Libano nel frattempo.

 

Dopo Parigi, è stato il momento di Londra, dove è arrivato a 9 anni ed è cresciuto fino a 191 centimetri di altezza. La multiculturalità di Mika è uno dei suoi elementi fondativi che contribuisce a renderlo così unico. Il successo globale con la musica arriva nel 2007, grazie alla hit Grace Kelly. Il grande pubblico è stato travolto da un timbro immediatamente riconoscibile ed uno stile dance, pop, colorato, che l'ha fatto paragonare con i grandi idoli del passato, da Freddie Mercury a David Bowie. Proprio il colore è una componente immancabile nei suoi outfit, giocosi come le sue canzoni. In Italia, Mika è anche un noto personaggio televisivo dopo la sua partecipazione a X Factor come giudice. In Francia, ha fatto lo stesso con The Voice.

 

Mika ha da sempre riversato la creatività che mette nelle canzoni in un personalissimo senso della moda. Nell'intervista rilasciata a dLui, ha raccontato come si presentasse nelle case discografiche, a lasciare le sue demo, con magliette bianche Gap, da lui customizzate con toppe e inserti trovati qua e là. "Le magliette che creavo nella cucina di casa", ha raccontato, sono rigorosamente catalogate come gli altri vestiti e abiti di scena così numerosi da non entrare più nell'armadio: "ogni pezzo ha un QR code che racconta come è stato fatto, da chi e quando è stato usato".

 

Mika ha fatto coming out più di dieci anni fa. Sebbene resti molto discreto sulla sua vita privata, si sa che fin da allora era in coppia con il suo storico compagno Andrea "Andy" Dermanis, regista di origini greche. In una rara confidenza sull'argomento, nel 2019, il cantante aveva raccontato: "È stato lui ad incoraggiarmi a parlare della mia omosessualità con la famiglia e con gli amici. Alla fine sono tredici anni che sto con lui (oggi 17, ndr): sono il più tradizionale della famiglia!" aveva scherzato. 

 

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On 8/18/2023 at 1:51 PM, lormare73 said:

 

Vanity Fair Italia

https://www.vanityfair.it/article/mika-40-anni-intervista

18 agosto 2023

 

Mika: «Questi sono i 40»

 

Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Il cantautore e showman libanese ci porta dentro i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita»
 
Se in questi giorni vi capitasse di passare per un’isola greca, potreste incappare in una coloratissima e allegra carovana. Tante barche a vela una dietro l’altra, con l’obiettivo di navigare per sei giorni. Destinazione, una piccola taverna a gestione familiare. Alla guida di questa spedizione dovreste riconoscere il comandante, che potrebbe avere in testa un copricapo a forma di tigre («sorridente», ci tiene a precisare). Quel comandante è Mika, e ha invitato chi ama di più a cena. L’occasione è importante: il cantautore e showman dai mille volti e dai mille colori il 18 agosto compie 40 anni. Pieni di cose, difficilmente riassumibili in un elenco come questo: l’infanzia a Beirut, il trasferimento a Parigi a causa della guerra civile, il padre preso in ostaggio in Kuwait all’interno dell’ambasciata americana, le difficoltà economiche, l’arrivo a Londra, la casa che non c’è più, le prime esibizioni, la mamma manager sempre al fianco, il successo con Grace Kelly nel 2007, la scoperta dell’Italia, gli anni da giudice a X Factor, i programmi tv, la consacrazione nel Regno Unito, in Francia e nel resto del mondo. Quest’estate Mika è tornato sul palco, con una consapevolezza nuova ci racconterà qui, dopo un periodo di silenzio. È stato in Corea, in Giappone, in Gran Bretagna, in Marocco, in Spagna, in Italia, in Grecia… e si è divertito molto. «Per la prima volta», spiega, «ho avuto l’impressione che il pubblico di Osaka sentisse la stessa energia di quello di Umbria Jazz. Un’energia molto forte, graffiante. Come se tutti conoscessero lo stesso linguaggio, quello che appartiene a me e alla mia musica».
 
 

Come è arrivato a questo punto?


«Ho sempre pensato che i concerti dovessero avere la stessa importanza che si dà a un nuovo album. Ho cercato quindi di costruire un mondo in cui chi entra si sente a casa. Io apro loro la porta, faccio in modo che si sentano protetti, che abbassino le loro difese. Dopo quasi 20 anni di show niente è lasciato al caso. Sono sempre stato ossessionato dalla preparazione: ogni dettaglio, ogni colore, ogni ritmo è studiato fino in fondo. Tutto questo con un unico scopo: concedere a me stesso la migliore possibilità di perdere completamente il controllo quando salgo sul palco. Pianifico tutto per dopo lasciarmi andare nel mondo più trasparente e istintivo possibile».

Cosa vuol dire compiere 40 anni?


«Mi fa ridere perché non so cosa dovrei provare. A me sembra che non siano abbastanza per dire “ecco sono arrivato nella fase deliziosa della vecchiaia”, e allo stesso tempo credo che siano troppi per avere la scusa di fare tutto il chiasso e tutte le stupidate che vorrei. È come se fossi un po’ in un purgatorio moralistico dei comportamenti, rispetto a quello che mi è permesso fare e non fare, dire e non dire. Ma vuole sapere cosa mi provoca questa sensazione?».

Certo. Cosa le provoca?


«Una reazione fortissima, ossia me ne frego completamente. Se mi chiede, invece, se sono cresciuto o se mi sento adulto, devo dire che quando salgo sul palco c’è sempre una parte di me che è rimasta alla prima volta. Mi sento quindi come se avessi sempre nove anni, per il resto invece sento di avere l’età che ho e forse anche di più».

Che cosa l’ha fatta crescere?


«Oggi capisco molto di più la vita. E questo è successo perché ho sperimentato le zone più oscure, ho attraversato il buio. Ho scoperto che, paradossalmente, avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita. Impari che si sopravvive anche al dolore».
Qui quando parla, Mika, rende le pause più profonde, prende fiato e aspetta tra un pensiero e l’altro. Non serve nominare mamma Joannie, scomparsa nel febbraio 2021, è già tutto chiaro.
«Anche se ho una parte di me che non vuole crescere, oggi non mi sento immaturo. Sento anche di non avere più paura della vita e forse nemmeno della morte. Questo mi rende più coraggioso e forse più adolescente nella grinta, nella follia, nelle ambizioni che ho. Stranamente, forse sono anche più libero».

Com’era, invece, a 20 anni?


«Estremamente alla ricerca della gioia e del calore, ma anche estremamente timido. Intimorito dagli sguardi degli altri, dai giudizi».

Con la ricerca della gioia a che punto è?


«So che la felicità più favolosa sta nelle piccole cose. Può essere fare un concerto e di sicuro sta nel mettermi a rischio con nuove idee, quando queste nuove idee mi spingono ad assumermi il rischio di essere scomodi. Dobbiamo essere scomodi, la scomodità fa provare tanta gioia. I fiori circondati dai sassi sono quelli che sbocciano più a lungo e nel mondo migliore. Rimanere creativo e sentire questa pressione di voler continuare a inventare il futuro è una cosa molto bella. Tutto questo senza perdere quelli che amo, la mia famiglia, che sento molto vicina. Un’altra cosa che mi fa felice è cucinare. Spesso mentre sono sul palco penso a cosa mangerò dopo, una felicità collegata all’altra (ride,ndr)».

Cosa le piace di più cucinare?


«Onestamente la cosa che mi provoca più soddisfazione è quando posso cucinare un sugo di pomodoro preparato con i pomodori esattamente nel momento giusto dell’anno. Quando il pomodoro è così perfetto che riesci a togliere la buccia senza immergerlo nell’acqua calda. Bastano un filo d’olio, un po’ di aglio e la natura fa il resto. Ci sarà anche quel sugo di pomodoro nella mia cena di compleanno».

 

Cosa succederà, infatti, quando la carovana giungerà a destinazione?


«Su quest’isola greca, a nove ore di distanza da Atene, ci saranno 25 persone arrivate da tutte le parti del mondo. Saremo su una spiaggia fatta di grossi sassi dove c’è solo una minuscola taverna. Lì ci sarà tutto quello che piace a me: i miei cari, un po’ di scomodità che fa sempre bene e i piatti più semplici. Staremo insieme in tutta la bellezza che la semplicità porta con sé. Io ho sempre avuto questa tradizione della carovana, anche quando ho compiuto trent'anni ho affittato sei o sette Mini Cooper e siamo partiti dalla Svizzera per arrivare in Campania. C’era anche un’infermiera che potesse prendersi cura di mia nonna durante il viaggio».

Beirut, l’Italia, Londra, Parigi, ha sempre viaggiato molto. Che valore dà ai confini?


«Esistono e sono interessanti, però un confine in sé non dovrebbe mai essere un problema. Il problema si crea quando il confine da uno dei due lati viene reso inaccessibile dalla paura o da un'aggressione. L’idea di un mondo senza confini è secondo me poco credibile, invece un mondo con confini e con meno paure è possibile. Io quando ero più giovane avevo una paura molto forte, quella di non sapere dove fosse casa. Non sapevo dove fosse il mio albero, quello sotto cui avevo fumato la prima sigaretta, dato il primo bacio, pianto… Nella mia mente mi ero quindi ricreato un paese immaginario in cui posizionare quell’albero. Per questo in tutte le mie espressioni grafiche degli inizi c’era sempre un albero, lo mettevo dappertutto senza alcun motivo. Ero ossessionato dalla casa, oggi invece riconosco che non è un problema ma un grandissimo vantaggio. Ovviamente non vale per tutti, ma sento che per me è un bene. Mi sono reso conto che quell’albero è solo un’idea, non deve esistere realmente».

Se prima c’era un albero, ora nei suoi concerti tiene in testa una tigre. Perché?


«La storia della tigre sorridente è nata qualche anno fa. Mia madre mi aveva preparato un biglietto di auguri e sotto a una foto di fiori aveva scritto “che la tua testa possa sempre fiorire". Da lì a farla diventare il mio manifesto il passo è stato breve: la tua testa fiorisce se hai delle idee, e queste idee - se sono forti e se credi abbastanza in loro - possono trasformarti in una tigre, feroce, ruggente e felice. Negli ultimi due anni ho voluto essere quella tigre e creare il mio atelier che oggi finalmente è operativo».

Dove si trova?


«È in Puglia, e lì - insieme ad alcuni collaboratori bravissimi - diamo forma ai miei disegni creando abiti cuciti a mano, maschere, opere d’arte. Sono cresciuto con una madre, oggi non c’è più, che creava vestiti in cucina, da noi c’erano sempre le sarte alle 7 del mattino. Si confondevano le spille e i tessuti, con la cioccolata calda e il pane burro e marmellata della colazione. Le sarte restavano anche alle 10 di sera, mischiandosi con il pollo e il riso della cena. Sono cresciuto così con l’idea che i vestiti non debbano essere solo qualcosa che si trovano nei negozi, immobili, i vestiti sono caos e creazione. Da sempre mi piace lavorare con i grandi stilisti ma anche con i piccoli artigiani. Negli ultimi anni sono entrato in una fase ossessiva in cui ho studiato i primi abiti di Mick Jagger e David Bowie, quelli creati da loro stessi. Ho trovato così negli abiti ancora più poesia, credo che un artista debba avere anche la responsabilità di creare qualcosa con le proprie mani, imperfetto magari ma genuino. Partendo da questo è nato il mio atelier di moda. Mia madre ne aveva uno, ma è sparito con lei. Io ho sempre avuto un laboratorio di scenografia ed esiste ancora, è in Inghilterra».

 

Ha raccontato che lì conserva anche tutte le sue scenografie di scena.


«Sembra un lunapark, dentro ci sono cose pazzesche. Quando entri lì, entri dentro il mio mondo bislacco, è come entrare in un film di Tim Burton».

Cosa le piace di più del conservare le cose?


«Ogni oggetto rappresenta un momento e racconta una storia. Quando la guardo in progressione ho la conferma che sto continuando a costruire, ed è sempre molto più interessante inventare il futuro quando non dimentichi il passato».

In quasi 20 anni di carriera e di show, quanto pensa abbia aggiunto la musica alla sua vita?


«La mia intera vita è musica, tutto questo storytelling che le ho raccontato finora è al servizio della musica. Ho questo desiderio da quando avevo 8 anni, già allora c’era il mondo intorno a me e poi c’era il mio mondo immaginario. E avevo una paura enorme non di fallire ma di non avere la possibilità di trasformare in realtà quei sogni astratti. Sogni che ho anche oggi. Quando mi viene l’idea di un qualcosa che potrebbe essere ma non so bene come, entro in una sorta di “daydreaming” continuo. Da ragazzino temevo di rimanere solo un sognatore e questo sarebbe stato un fallimento per me, e non un fallimento da cui puoi imparare qualcosa, bensì un vuoto in cui non c’è nulla da tirare fuori. Avevo 8 anni ed ero terrorizzato. Spostavo tutti i mobili di casa, mettevo le sedie sul tavolo, e ci vedevo tutta una scenografia, un mondo parallelo. La mia famiglia, invece, vedeva solo la realtà delle cose, ossia scatole vuote, mobili del salotto riposizionati. Non vedevano il mio paesaggio, il mio albero, tutte le cose meravigliose che invece immaginavo io. A un certo punto ricordo anche una conversazione tra mio padre e mia madre in cui lui le chiedeva se la mia immaginazione estrema potesse essere una patologia, qualcosa da curare. In quel momento ho sentito la pressione ancora più forte, dovevo assolutamente trovare un modo per costruire nella realtà quello che immaginavo nella mia testa».

 
 

Poi l’ha trovato. Il suo mondo immaginario esiste ancora?


«Assolutamente sì. Anche se ho quest’atelier molto grande e bello, mi piace lavorare sempre in cucina. Resto lì e vado alla ricerca di storie che mi emozionano. In questo momento sto ridisegnando, insieme a un grafico inglese, il logo Mika che per me è stato certezza per tanto tempo. Stiamo lavorando intorno all’idea della cellula, che è il luogo originario di qualsiasi cosa. Tutto e niente partono da lì. Sono e sarò sempre un daydreamer, un sognatore a occhi aperti. Un insegnante d’arte che avevo ai tempi della scuola mi ha insegnato che ognuno di noi può fare qualsiasi cosa nella vita, basta che non abbia paura di quello che pensa di poter o non poter fare. Basta prendere un’idea, svilupparla e poi darle il permesso di evolversi, cambiare forma e colore. Vale anche per la vita: deve avere il permesso di virare verso l’imprevisto».

Che cosa le ha tolto, invece, la musica?


«Il tempo. Il senso del tempo, da un punto di vista lineare e tradizionale perché la musica impone altri tempi e altre regole. Questa cosa può essere molto seducente, ma spesso ti ritrovi a vivere una linea del tempo molto diversa da quelli che hai intorno, anche quelli che ami. Come la tua famiglia o gli amici, e questo rischia di isolarti. È un qualcosa da gestire, controllare».

Che cosa le fa paura oggi?


«Che si crei intorno a me una situazione generale o personale che possa bloccare le mie idee e la mia immaginazione. Mi fa paura non avere più il desiderio o la possibilità di essere un sognatore. Ho paura del timore, ho paura di avere paura delle conseguenze, e questa è una cosa che ti paralizza. Non lasciarsi mai la possibilità che una cosa imprevista possa far volare il tuo cuore è un gran peccato. Un cuore che non vola funziona, è utile, ma è decisamente molto meno divertente».

Per innamorarsi, invece, cosa le serve?


«L’incoscienza. Quando vedi una persona, un ragazzo o una ragazza chi se ne frega della definizioni, e quella trasparenza va oltre l’aspetto fisico. Essere talmente a tuo agio da riuscire a essere inconsapevolmente incosciente è per me una cosa molto seducente».

È ancora un timido?


«Sì, un po’. E soprattutto arrossisco con una facilità incredibile. Sul palco faccio quello che so fare, ma quando vado a una festa spesso sparisco. Questo, però, ha dei vantaggi».

Quali?


«Quando sai sparire, puoi sparire in qualsiasi momento, anche al supermercato. Io so sparire in un secondo, è come se avessi una cappa magica che quando la indosso mi rende invisibile. Del resto è stancante essere sempre visibili, essere sempre davanti agli occhi degli altri. Io mi infilo il mio mantello e puff, scomparso!».

 

Google translate :uk:

Spoiler

Mika: «These are the 40»
 
A caravan among the Greek islands, a hand-prepared tomato sauce and happiness that rhymes with discomfort. The Lebanese singer-songwriter and showman takes us inside his 40 years, which he turns on August 18 as a "smiling tiger". With the awareness that "dealing with death can make you understand life better"
 
If you happen to pass through a Greek island these days, you might come across a colorful and cheerful caravan. Many sailboats one after the other, with the aim of sailing for six days. Destination, a small family run tavern. At the head of this expedition you should recognize the commander, who may have a headdress in the shape of a tiger ("smiling", he is keen to clarify). That commander is Mika, and he has invited whoever he loves the most to dinner. The occasion is important: the singer-songwriter and showman with a thousand faces and a thousand colors turns 40 on August 18th. Full of things, difficult to summarize in a list like this: childhood in Beirut, moving to Paris because of the civil war, his father taken hostage in Kuwait inside the American embassy, economic difficulties, the arrival in London, the house that no longer exists, the first performances, the mother manager always at your side, the success with Grace Kelly in 2007, the discovery of Italy, the years as a judge on X Factor, the TV programs, the consecration in the UK, France and the rest of the world. This summer Mika is back on stage, with a new awareness he will tell us here, after a period of silence. He's been to Korea, Japan, Great Britain, Morocco, Spain, Italy, Greece… and had a great time. «For the first time», he explains, «I had the impression that the public of Osaka felt the same energy as that of Umbria Jazz. A very strong, biting energy. As if everyone knew the same language, the one that belongs to me and my music».
 
How did it get to this point?

«I've always thought that concerts should have the same importance as a new album. I have therefore tried to build a world in which whoever enters feels at home. I open the door for them, I make them feel protected, they lower their defenses. After almost 20 years of show nothing is left to chance. I've always been obsessed with preparation: every detail, every colour, every rhythm is thoroughly studied. All of this with one purpose: to give myself the best chance of completely losing control when I take the stage. I plan everything for later to let myself go into the most transparent and instinctive world possible».

 

What does it mean to turn 40?

“It makes me laugh because I don't know what I should feel. It seems to me that they are not enough to say "here I have arrived at the delicious stage of old age", and at the same time I believe that they are too many to have the excuse to make all the noise and all the stupid things I would like. It's like I'm in a bit of a moralistic purgatory of behaviors, with respect to what I'm allowed to do and not do, say and not say. But do you want to know what makes me feel this?'

 

Certain. What causes them?

«A very strong reaction, that is, I don't care completely. Instead, if you ask me if I've grown up or if I feel like an adult, I have to say that when I go on stage there's always a part of me that's left over from the first time. So I feel like I'm still nine years old, otherwise I feel like I'm as old as I am and maybe even older."

 

What made it grow?

“Today I understand life much more. And this happened because I experienced the darkest areas, I went through the dark. I have found that, paradoxically, dealing with death can make you understand life better. You learn that one also survives the pain».


Here when she speaks, Mika, she makes the pauses deeper, takes a breath and waits between one thought and another. There's no need to name mom Joannie, who passed away in February 2021, everything is already clear.


“Even though I have a part of me that doesn't want to grow up, I don't feel immature today. I also feel that I am no longer afraid of life and maybe not even of death. This makes me braver and perhaps more adolescent in the grit, in the madness, in the ambitions that I have. Oddly enough, maybe I'm even freer."

 

What were you like at the age of 20?

“Extremely joy-seeking and warmth-seeking, but also extremely shy. Intimidated by the looks of others, by judgements".

 

Where is it with the pursuit of joy?

“I know that the most fabulous happiness lies in the little things. It can be doing a concert and it certainly lies in putting myself at risk with new ideas, when these new ideas push me to take the risk of being uncomfortable. We must be uncomfortable, discomfort makes us feel so much joy. The flowers surrounded by stones are the ones that bloom longer and in the best world. To stay creative and feel this pressure to keep inventing the future is a very beautiful thing. All this without losing those I love, my family, who I feel very close to. Another thing that makes me happy is cooking. Often while I'm on stage I think about what I'll eat next, one happiness connected to the other (laughs, ed)».

 

What do you like most to cook?

«Honestly, the thing that gives me the most satisfaction is when I can cook a tomato sauce prepared with tomatoes at exactly the right time of the year. When the tomato is so perfect that you can remove the skin without immersing it in hot water. A drizzle of oil, a little garlic is enough and nature does the rest. There will also be that tomato sauce in my birthday dinner ».

 

What will happen, in fact, when the caravan reaches its destination?

“On this Greek island, nine hours away from Athens, there will be 25 people who have come from all over the world. We will be on a beach made of large stones where there is only a tiny tavern. There will be everything I like there: my loved ones, a little inconvenience that is always good for you and the simplest dishes. We will be together in all the beauty that simplicity brings. I've always had this caravan tradition, even when I turned thirty I rented six or seven Mini Coopers and we left Switzerland to get to Campania. There was also a nurse who could take care of my grandmother during the trip».

 

Beirut, Italy, London, Paris, you've always traveled a lot. What value do you give to borders?

«They exist and they are interesting, but a border in itself should never be a problem. The problem arises when the border on one of the two sides is made inaccessible by fear or aggression. In my opinion, the idea of a world without borders is hardly credible, but a world with borders and less fear is possible. When I was younger I had a very strong fear, that of not knowing where home was. I didn't know where my tree was, the one under which I had smoked my first cigarette, given my first kiss, cried... In my mind I had therefore recreated an imaginary country in which to place that tree. This is why in all my early graphic expressions there was always a tree, I put it everywhere for no reason. I was obsessed with the house, but today I recognize that it's not a problem but a huge advantage. Of course it doesn't apply to everyone, but I feel it's good for me. I realized that that tree is just an idea, it doesn't have to really exist."

 

If before there was a tree, now in his concerts he keeps a tiger on his head. Why?

«The story of the smiling tiger was born a few years ago. My mother had prepared a greeting card for me and under a photo of flowers she had written "may your head always flourish". From there it was a short step to making it my manifesto: your head flourishes if you have ideas , and these ideas - if they are strong and if you believe in them enough - can transform you into a ferocious, roaring and happy tiger. For the past two years I have wanted to be that tiger and create my atelier which is finally operational today".

 

Where is it?

«It's in Puglia, and there - together with some very good collaborators - we give shape to my designs by creating hand-sewn clothes, masks, works of art. I grew up with a mother, today she is no longer here, she created clothes in the kitchen, the seamstresses were always there at 7 in the morning. The brooches and fabrics were confused with the hot chocolate and the bread, butter and jam for breakfast. The seamstresses stayed even at 10 in the evening, mixing with the chicken and rice for dinner. So I grew up with the idea that clothes shouldn't just be something you find in stores, real estate, clothes are chaos and creation. I have always liked working with great stylists but also with small artisans. In recent years I have entered an obsessive phase in which I have studied the first clothes of Mick Jagger and David Bowie, those created by themselves. Thus I found even more poetry in the clothes, I believe that an artist must also have the responsibility of creating something with his own hands, perhaps imperfect but genuine. Starting from this, my fashion atelier was born. My mom had one, but it disappeared with her. I've always had a scenography workshop and it still exists, it's in England».

 

You said that you also keeps all your stage sets there too.

«It looks like an amusement park, there are crazy things inside. When you enter there, you enter my weird world, it's like entering a Tim Burton film».

 

What do you like most about storing things?

«Each object represents a moment and tells a story. When I look at it in progress, I have the confirmation that I'm continuing to build, and it's always much more interesting to invent the future when you don't forget the past».

 

In almost 20 years of career and show, how much do you think music has added to your life?

“My whole life is music, all this storytelling I've told you so far is in the service of music. I have had this desire since I was 8, even then there was the world around me and then there was my imaginary world. And I was terribly afraid not of failing but of not having the chance to turn those abstract dreams into reality. Dreams that I have today too. When the idea comes to me of something that could be but I'm not sure how, I enter a sort of continuous "daydreaming". As a kid, I feared that I would remain just a dreamer and that would be a failure for me, and not a failure that you can learn something from, but a void where there is nothing to get out of. I was 8 and terrified. I moved all the furniture in the house, put the chairs on the table, and I saw a whole scenography, a parallel world. My family, on the other hand, only saw the reality of things, i.e. empty boxes, repositioned living room furniture. They didn't see my landscape, my tree, all the wonderful things that I imagined instead. At one point I also remember a conversation between my father and mother in which he asked her if my extreme imagination could be a pathology, something to be treated. At that moment I felt the pressure even stronger, I absolutely had to find a way to build into reality what I imagined in my head».


Then she found it. Does her imaginary world still exist?

"Absolutely yes. Even though I have this very large and beautiful atelier, I always like working in the kitchen. I stay there and go looking for stories that excite me. At the moment I am redesigning, together with an English graphic, the Mika logo which has been a certainty for me for a long time. We are working around the idea of the cell, which is where everything originates. Everything and nothing starts from there. I am and always will be a daydreamer. An art teacher I had in my high school days taught me that any of us can do anything in life as long as he's not afraid of what he thinks he can or can't do. Just take an idea, develop it and then give it permission to evolve, change shape and color. It also applies to life: it must be allowed to veer towards the unexpected».

 

What has music taken away from you instead?

"Time. The sense of time, from a linear and traditional point of view because music imposes other times and other rules. This can be very seductive, but you often find yourself living in a very different timeline from those around you, even those you love. Like your family or friends, and this risks isolating you. It is something to manage, to control».

 

What scares you today?

«That a general or personal situation is created around me that can block my ideas and my imagination. It scares me that I no longer have the desire or ability to be a dreamer. I'm afraid of fear, I'm afraid of being afraid of consequences, and that's something that paralyzes you. Never allowing yourself the possibility that something unforeseen can make your heart fly is a great sin. A heart that doesn't fly works, it's useful, but it's definitely much less fun».

 

To fall in love, however, what does it take?

"Unconsciousness. When you see a person, a boy or a girl who cares about definitions, and that transparency goes beyond the physical aspect. Being so comfortable that you can unknowingly be unconscious is a very seductive thing for me."

 

Is he still shy?

"Yes a bit'. And above all, I blush with incredible ease. On stage I do what I know how to do, but when I go to a party I often disappear. However, this has its advantages."

 

Which?

“When you know how to disappear, you can disappear at any time, even at the supermarket. I know how to disappear in a second, it's like I have a magic cape that makes me invisible when I wear it. After all, it is tiring to always be visible, to always be in front of the eyes of others. I put on my cloak and poof, gone!'

 

 

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Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Questi sono i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita».

 

Mika (@mikainstagram) è il protagonista della cover digitale di questa settimana.

 

  • 🔗 L'intervista di @stefisalta al link in bio
  •  
  • Foto Art direction: Thierry-Maxime Loirot
  • Hair: Geraldine Fougerat-Gay
  • Abiti, Atelier Mika. Scarpe, Louboutin
  • Ufficio stampa: @goigest

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Il Tempo

Venerdì 18 Agosto 2023

COMPLEANNO

 

Michael Holbrook Penniman Jr. è nato a Beirut il 18 agosto 1983.

Prima della celebrità una vita tra Libano, Francia e Regno Unito

 

Il giullare del pop diventa grande Mika spegne 40 candeline

 

Protagonista in tv nelle giurie dei talent Tra i suoi successi X Factor e The Voice

 

••• Cosmopolita, poliglotta, pop, esuberante, imprevedibile, caleidoscopico Mika. Ci ha abituato a vivere e fare musica sull’orlo della creatività più spinta. Autore e interprete che ha messo in musica un’infanzia travagliata e illusioni da trasformare in note e colori. «Grace Kelly», «Good guys», «Boum Boum Boum», «Jesus to a child», «Relax, take it easy», «Love today», «We are golden», «Kick ass (we are young)», «Stardust» e «Blame it on the girls». Sono solo alcuni singoli di successo chelo hanno proiettatoin vetta alle classifiche. Con l’impegno e la testardaggine che l’hanno portato a imporsi sui produttori discografici in difesa di una visione del pop che non doveva scendere a compromessi con cliché rassicuranti o mode fugaci. La sua biografia nasconde storie sull’orlo del precipizio, l’infanzia dorata a Beirut, la fuga a Parigi dopo lo scoppio della guerra civile nel Paese mediorientale, suo padre tenuto in ostaggio per 7 mesi in Kuwait dopo l’invasione di Saddam Hussein, i creditori alla porta, una seconda fuga a Londra e l’auto in cui dormiva con la mamma davanti ai club dove si sarebbe esibito il giorno dopo. Michael Holbrook Penniman Jr. (questo il suo vero nome) è un cittadino del mondo. È nato a Beirut il 18 agosto 1983, esattamente 40 anni fa, ma ha passato la prima infanzia in Francia, trasferendosi poi in Gran Bretagna. Ha vissuto anche negli Stati Uniti e parla fluentemente inglese, francese e italiano. Ha studiato perfino cinese per 9 anni e parla anche spagnolo, arabo e dialetto libanese. Terzo di 5 fratelli, è nato da madre libanese maronita e padre statunitense. Quasi subito la sua famiglia si trasferì a Parigi. In seguito al trattenimento del padre nell’ambasciata Usa in Kuwait, a 9 anni andò a vivere a Londra dove ha frequentato il Lycée Français Charles de Gaulle, la Westminster School e, per 3 anni, il Royal College of Music. Proprio a questo periodo risalgono i problemi sui banchi di scuola provocati da una forma di dislessia che tuttora gli impedisce di leggere gli spartiti musicali e l’orario dell’orologio. Ben presto, però, e grazie soprattutto all’appoggio della madre, la musica prese il sopravvento. Il boom è arrivato nel 2007 con «Grace Kelly» poi gli album, i premi, gli anni da giudice a «X Factor», i successi televisivi da «Stasera casa Mika» all’ultimo «The Piano» nel Regno Unito con Lang Lang. Un capitolo importante della sua vita artistica è occupato proprio dagli impegni in tv: nel 2013 è stata annunciata la sua partecipazione come giudice della settima edizione di «X Factor», divenendo così il primo giudice internazionale di un talent show italiano. Nel frattempo ha anche siglato un contratto per il ruolo di giudice nella terza edizione della versione francese di «The Voice» dove ha preso il posto di Louis Bertignac. Poi la conferma per l’ottava edizione di «X Factor» e la quarta edizione della versione d’oltralpe di «The Voice». Ed è proprio sul piccolo schermo che Mika ha saputo mostrare al pubblico le sue qualità di intrattenitore e affabulatore d’altri tempi. Nel 2015 ancora «X Factor» e, l’anno successivo, per la terza volta nel cast di «The Voice: la plus belle voix 2016». Fino a oggi, con un giro di concerti appena concluso in Italia e il traguardo dei 40 anni da festeggiare su un’isola greca. Vivendo il suo giorno particolare come un trampolino di lancio. Per reinventarsi ancora.

 

 

 

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Mika, protagonista della cover digitale di questa settimana, compie 40 anni il 18 agosto.

Che cosa significa?

«Sono felicissimo di entrare in quest'età, non sono più un bambinetto naïf, né un adulto completo. Ma mantengo lo stesso stato d'animo di quando ero un ragazzo, la stessa energia. E spero che sarà così anche quando ne compirò 80».

Noi non abbiamo dubbi.

 

Tanti auguri, @mikainstagram!

 

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On 8/18/2023 at 9:44 PM, Kumazzz said:

 

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18 agosto 2023

 

Mika: «Questi sono i 40»

 

Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Il cantautore e showman libanese ci porta dentro i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita»
 
Se in questi giorni vi capitasse di passare per un’isola greca, potreste incappare in una coloratissima e allegra carovana. Tante barche a vela una dietro l’altra, con l’obiettivo di navigare per sei giorni. Destinazione, una piccola taverna a gestione familiare. Alla guida di questa spedizione dovreste riconoscere il comandante, che potrebbe avere in testa un copricapo a forma di tigre («sorridente», ci tiene a precisare). Quel comandante è Mika, e ha invitato chi ama di più a cena. L’occasione è importante: il cantautore e showman dai mille volti e dai mille colori il 18 agosto compie 40 anni. Pieni di cose, difficilmente riassumibili in un elenco come questo: l’infanzia a Beirut, il trasferimento a Parigi a causa della guerra civile, il padre preso in ostaggio in Kuwait all’interno dell’ambasciata americana, le difficoltà economiche, l’arrivo a Londra, la casa che non c’è più, le prime esibizioni, la mamma manager sempre al fianco, il successo con Grace Kelly nel 2007, la scoperta dell’Italia, gli anni da giudice a X Factor, i programmi tv, la consacrazione nel Regno Unito, in Francia e nel resto del mondo. Quest’estate Mika è tornato sul palco, con una consapevolezza nuova ci racconterà qui, dopo un periodo di silenzio. È stato in Corea, in Giappone, in Gran Bretagna, in Marocco, in Spagna, in Italia, in Grecia… e si è divertito molto. «Per la prima volta», spiega, «ho avuto l’impressione che il pubblico di Osaka sentisse la stessa energia di quello di Umbria Jazz. Un’energia molto forte, graffiante. Come se tutti conoscessero lo stesso linguaggio, quello che appartiene a me e alla mia musica».
 
 

Come è arrivato a questo punto?


«Ho sempre pensato che i concerti dovessero avere la stessa importanza che si dà a un nuovo album. Ho cercato quindi di costruire un mondo in cui chi entra si sente a casa. Io apro loro la porta, faccio in modo che si sentano protetti, che abbassino le loro difese. Dopo quasi 20 anni di show niente è lasciato al caso. Sono sempre stato ossessionato dalla preparazione: ogni dettaglio, ogni colore, ogni ritmo è studiato fino in fondo. Tutto questo con un unico scopo: concedere a me stesso la migliore possibilità di perdere completamente il controllo quando salgo sul palco. Pianifico tutto per dopo lasciarmi andare nel mondo più trasparente e istintivo possibile».

Cosa vuol dire compiere 40 anni?


«Mi fa ridere perché non so cosa dovrei provare. A me sembra che non siano abbastanza per dire “ecco sono arrivato nella fase deliziosa della vecchiaia”, e allo stesso tempo credo che siano troppi per avere la scusa di fare tutto il chiasso e tutte le stupidate che vorrei. È come se fossi un po’ in un purgatorio moralistico dei comportamenti, rispetto a quello che mi è permesso fare e non fare, dire e non dire. Ma vuole sapere cosa mi provoca questa sensazione?».

Certo. Cosa le provoca?


«Una reazione fortissima, ossia me ne frego completamente. Se mi chiede, invece, se sono cresciuto o se mi sento adulto, devo dire che quando salgo sul palco c’è sempre una parte di me che è rimasta alla prima volta. Mi sento quindi come se avessi sempre nove anni, per il resto invece sento di avere l’età che ho e forse anche di più».

Che cosa l’ha fatta crescere?


«Oggi capisco molto di più la vita. E questo è successo perché ho sperimentato le zone più oscure, ho attraversato il buio. Ho scoperto che, paradossalmente, avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita. Impari che si sopravvive anche al dolore».
Qui quando parla, Mika, rende le pause più profonde, prende fiato e aspetta tra un pensiero e l’altro. Non serve nominare mamma Joannie, scomparsa nel febbraio 2021, è già tutto chiaro.
«Anche se ho una parte di me che non vuole crescere, oggi non mi sento immaturo. Sento anche di non avere più paura della vita e forse nemmeno della morte. Questo mi rende più coraggioso e forse più adolescente nella grinta, nella follia, nelle ambizioni che ho. Stranamente, forse sono anche più libero».

Com’era, invece, a 20 anni?


«Estremamente alla ricerca della gioia e del calore, ma anche estremamente timido. Intimorito dagli sguardi degli altri, dai giudizi».

Con la ricerca della gioia a che punto è?


«So che la felicità più favolosa sta nelle piccole cose. Può essere fare un concerto e di sicuro sta nel mettermi a rischio con nuove idee, quando queste nuove idee mi spingono ad assumermi il rischio di essere scomodi. Dobbiamo essere scomodi, la scomodità fa provare tanta gioia. I fiori circondati dai sassi sono quelli che sbocciano più a lungo e nel mondo migliore. Rimanere creativo e sentire questa pressione di voler continuare a inventare il futuro è una cosa molto bella. Tutto questo senza perdere quelli che amo, la mia famiglia, che sento molto vicina. Un’altra cosa che mi fa felice è cucinare. Spesso mentre sono sul palco penso a cosa mangerò dopo, una felicità collegata all’altra (ride,ndr)».

Cosa le piace di più cucinare?


«Onestamente la cosa che mi provoca più soddisfazione è quando posso cucinare un sugo di pomodoro preparato con i pomodori esattamente nel momento giusto dell’anno. Quando il pomodoro è così perfetto che riesci a togliere la buccia senza immergerlo nell’acqua calda. Bastano un filo d’olio, un po’ di aglio e la natura fa il resto. Ci sarà anche quel sugo di pomodoro nella mia cena di compleanno».

 

Cosa succederà, infatti, quando la carovana giungerà a destinazione?


«Su quest’isola greca, a nove ore di distanza da Atene, ci saranno 25 persone arrivate da tutte le parti del mondo. Saremo su una spiaggia fatta di grossi sassi dove c’è solo una minuscola taverna. Lì ci sarà tutto quello che piace a me: i miei cari, un po’ di scomodità che fa sempre bene e i piatti più semplici. Staremo insieme in tutta la bellezza che la semplicità porta con sé. Io ho sempre avuto questa tradizione della carovana, anche quando ho compiuto trent'anni ho affittato sei o sette Mini Cooper e siamo partiti dalla Svizzera per arrivare in Campania. C’era anche un’infermiera che potesse prendersi cura di mia nonna durante il viaggio».

Beirut, l’Italia, Londra, Parigi, ha sempre viaggiato molto. Che valore dà ai confini?


«Esistono e sono interessanti, però un confine in sé non dovrebbe mai essere un problema. Il problema si crea quando il confine da uno dei due lati viene reso inaccessibile dalla paura o da un'aggressione. L’idea di un mondo senza confini è secondo me poco credibile, invece un mondo con confini e con meno paure è possibile. Io quando ero più giovane avevo una paura molto forte, quella di non sapere dove fosse casa. Non sapevo dove fosse il mio albero, quello sotto cui avevo fumato la prima sigaretta, dato il primo bacio, pianto… Nella mia mente mi ero quindi ricreato un paese immaginario in cui posizionare quell’albero. Per questo in tutte le mie espressioni grafiche degli inizi c’era sempre un albero, lo mettevo dappertutto senza alcun motivo. Ero ossessionato dalla casa, oggi invece riconosco che non è un problema ma un grandissimo vantaggio. Ovviamente non vale per tutti, ma sento che per me è un bene. Mi sono reso conto che quell’albero è solo un’idea, non deve esistere realmente».

Se prima c’era un albero, ora nei suoi concerti tiene in testa una tigre. Perché?


«La storia della tigre sorridente è nata qualche anno fa. Mia madre mi aveva preparato un biglietto di auguri e sotto a una foto di fiori aveva scritto “che la tua testa possa sempre fiorire". Da lì a farla diventare il mio manifesto il passo è stato breve: la tua testa fiorisce se hai delle idee, e queste idee - se sono forti e se credi abbastanza in loro - possono trasformarti in una tigre, feroce, ruggente e felice. Negli ultimi due anni ho voluto essere quella tigre e creare il mio atelier che oggi finalmente è operativo».

Dove si trova?


«È in Puglia, e lì - insieme ad alcuni collaboratori bravissimi - diamo forma ai miei disegni creando abiti cuciti a mano, maschere, opere d’arte. Sono cresciuto con una madre, oggi non c’è più, che creava vestiti in cucina, da noi c’erano sempre le sarte alle 7 del mattino. Si confondevano le spille e i tessuti, con la cioccolata calda e il pane burro e marmellata della colazione. Le sarte restavano anche alle 10 di sera, mischiandosi con il pollo e il riso della cena. Sono cresciuto così con l’idea che i vestiti non debbano essere solo qualcosa che si trovano nei negozi, immobili, i vestiti sono caos e creazione. Da sempre mi piace lavorare con i grandi stilisti ma anche con i piccoli artigiani. Negli ultimi anni sono entrato in una fase ossessiva in cui ho studiato i primi abiti di Mick Jagger e David Bowie, quelli creati da loro stessi. Ho trovato così negli abiti ancora più poesia, credo che un artista debba avere anche la responsabilità di creare qualcosa con le proprie mani, imperfetto magari ma genuino. Partendo da questo è nato il mio atelier di moda. Mia madre ne aveva uno, ma è sparito con lei. Io ho sempre avuto un laboratorio di scenografia ed esiste ancora, è in Inghilterra».

 

Ha raccontato che lì conserva anche tutte le sue scenografie di scena.


«Sembra un lunapark, dentro ci sono cose pazzesche. Quando entri lì, entri dentro il mio mondo bislacco, è come entrare in un film di Tim Burton».

Cosa le piace di più del conservare le cose?


«Ogni oggetto rappresenta un momento e racconta una storia. Quando la guardo in progressione ho la conferma che sto continuando a costruire, ed è sempre molto più interessante inventare il futuro quando non dimentichi il passato».

In quasi 20 anni di carriera e di show, quanto pensa abbia aggiunto la musica alla sua vita?


«La mia intera vita è musica, tutto questo storytelling che le ho raccontato finora è al servizio della musica. Ho questo desiderio da quando avevo 8 anni, già allora c’era il mondo intorno a me e poi c’era il mio mondo immaginario. E avevo una paura enorme non di fallire ma di non avere la possibilità di trasformare in realtà quei sogni astratti. Sogni che ho anche oggi. Quando mi viene l’idea di un qualcosa che potrebbe essere ma non so bene come, entro in una sorta di “daydreaming” continuo. Da ragazzino temevo di rimanere solo un sognatore e questo sarebbe stato un fallimento per me, e non un fallimento da cui puoi imparare qualcosa, bensì un vuoto in cui non c’è nulla da tirare fuori. Avevo 8 anni ed ero terrorizzato. Spostavo tutti i mobili di casa, mettevo le sedie sul tavolo, e ci vedevo tutta una scenografia, un mondo parallelo. La mia famiglia, invece, vedeva solo la realtà delle cose, ossia scatole vuote, mobili del salotto riposizionati. Non vedevano il mio paesaggio, il mio albero, tutte le cose meravigliose che invece immaginavo io. A un certo punto ricordo anche una conversazione tra mio padre e mia madre in cui lui le chiedeva se la mia immaginazione estrema potesse essere una patologia, qualcosa da curare. In quel momento ho sentito la pressione ancora più forte, dovevo assolutamente trovare un modo per costruire nella realtà quello che immaginavo nella mia testa».

 
 

Poi l’ha trovato. Il suo mondo immaginario esiste ancora?


«Assolutamente sì. Anche se ho quest’atelier molto grande e bello, mi piace lavorare sempre in cucina. Resto lì e vado alla ricerca di storie che mi emozionano. In questo momento sto ridisegnando, insieme a un grafico inglese, il logo Mika che per me è stato certezza per tanto tempo. Stiamo lavorando intorno all’idea della cellula, che è il luogo originario di qualsiasi cosa. Tutto e niente partono da lì. Sono e sarò sempre un daydreamer, un sognatore a occhi aperti. Un insegnante d’arte che avevo ai tempi della scuola mi ha insegnato che ognuno di noi può fare qualsiasi cosa nella vita, basta che non abbia paura di quello che pensa di poter o non poter fare. Basta prendere un’idea, svilupparla e poi darle il permesso di evolversi, cambiare forma e colore. Vale anche per la vita: deve avere il permesso di virare verso l’imprevisto».

Che cosa le ha tolto, invece, la musica?


«Il tempo. Il senso del tempo, da un punto di vista lineare e tradizionale perché la musica impone altri tempi e altre regole. Questa cosa può essere molto seducente, ma spesso ti ritrovi a vivere una linea del tempo molto diversa da quelli che hai intorno, anche quelli che ami. Come la tua famiglia o gli amici, e questo rischia di isolarti. È un qualcosa da gestire, controllare».

Che cosa le fa paura oggi?


«Che si crei intorno a me una situazione generale o personale che possa bloccare le mie idee e la mia immaginazione. Mi fa paura non avere più il desiderio o la possibilità di essere un sognatore. Ho paura del timore, ho paura di avere paura delle conseguenze, e questa è una cosa che ti paralizza. Non lasciarsi mai la possibilità che una cosa imprevista possa far volare il tuo cuore è un gran peccato. Un cuore che non vola funziona, è utile, ma è decisamente molto meno divertente».

Per innamorarsi, invece, cosa le serve?


«L’incoscienza. Quando vedi una persona, un ragazzo o una ragazza chi se ne frega della definizioni, e quella trasparenza va oltre l’aspetto fisico. Essere talmente a tuo agio da riuscire a essere inconsapevolmente incosciente è per me una cosa molto seducente».

È ancora un timido?


«Sì, un po’. E soprattutto arrossisco con una facilità incredibile. Sul palco faccio quello che so fare, ma quando vado a una festa spesso sparisco. Questo, però, ha dei vantaggi».

Quali?


«Quando sai sparire, puoi sparire in qualsiasi momento, anche al supermercato. Io so sparire in un secondo, è come se avessi una cappa magica che quando la indosso mi rende invisibile. Del resto è stancante essere sempre visibili, essere sempre davanti agli occhi degli altri. Io mi infilo il mio mantello e puff, scomparso!».

 

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Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Questi sono i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita».

 

Mika (@mikainstagram) è il protagonista della cover digitale di questa settimana.

 

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Edited by Kumazzz
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1 hour ago, Kumazzz said:

«Per la prima volta», spiega, «ho avuto l’impressione che il pubblico di Osaka sentisse la stessa energia di quello di Umbria Jazz.


First of all, I loved this interview! It’s taking a peek in his mind that is going a 1000 miles an hour. 
 

Him commenting on the energy that is the same for the audience at a gig in Osaka and the energy for the audience at a gig in Perugia, Italy: it’s wonderful to read, meaning he has no fear to be himself and show himself and his art in the way he wants to. Ultimately the audience responds to HIM. He speaks about it more further in the interview. This is a very big milestone for anyone. To be so much at ease with yourself, that you don’t give a sh** what others think and you are yourself with full confidence and conviction. 


When I turned 30, the best advice I was given was: “the only weight you need to lose, is the weight of the opinion of others”. So when I read this, it seems Mika was given the same advice and has succeeded.

 

 

8 hours ago, Kumazzz said:

«Oggi capisco molto di più la vita. E questo è successo perché ho sperimentato le zone più oscure, ho attraversato il buio. Ho scoperto che, paradossalmente, avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita. Impari che si sopravvive anche al dolore»


After 25 it’s the “sh** gets real” age, to me it was at least and I would imagine for him it’s the same. It’s where we have things like jobs/taxes, relationships (romantically, but also friends and family) and loss accompany and affect us much more. We understand life more, because we kind of have to. It’s terrible and beautiful at the same time.

 

8 hours ago, Kumazzz said:

Dobbiamo essere scomodi, la scomodità fa provare tanta gioia. I fiori circondati dai sassi sono quelli che sbocciano più a lungo e nel mondo migliore. Rimanere creativo e sentire questa pressione di voler continuare a inventare il futuro è una cosa molto bella.


This metaphor with the stones and flowers is very similar to mushrooms. It’s beauty and resilience and survival. We learn to find a way to flourish when we are provoked.

 

 

9 hours ago, Kumazzz said:

Ero ossessionato dalla casa, oggi invece riconosco che non è un problema ma un grandissimo vantaggio. Ovviamente non vale per tutti, ma sento che per me è un bene. Mi sono reso conto che quell’albero è solo un’idea, non deve esistere realmente».


Home is where the heart is. I found it heartwarming to read this, because of the reforestation project we did as MFC for his birthday. It felt so full circle!

 

 

9 hours ago, Kumazzz said:

Mia madre ne aveva uno, ma è sparito con lei. Io ho sempre avuto un laboratorio di scenografia ed esiste ancora, è in Inghilterra».


First I thought him collaborating with big designers was sort of a transition in his career, by “upgrading” his ideas to those ateliers. Maybe partly it was for a while, but I have to say that I feel him establishing his own atelier feels so incredibly genuine, “back to the roots”, and it makes me happy he found that again. Clothes can make you feel a certain way and I feel last tour it was definitely palpable what positive effect it has on stage.

 

9 hours ago, Kumazzz said:

«Ogni oggetto rappresenta un momento e racconta una storia. Quando la guardo in progressione ho la conferma che sto continuando a costruire, ed è sempre molto più interessante inventare il futuro quando non dimentichi il passato».


A collection of memories from the heart. It’s what I call the portfolio books I put my drawings in when I store them in my cabinet. Mine take up a LOT less space though! 
 

9 hours ago, Kumazzz said:

«Che si crei intorno a me una situazione generale o personale che possa bloccare le mie idee e la mia immaginazione. Mi fa paura non avere più il desiderio o la possibilità di essere un sognatore. Ho paura del timore, ho paura di avere paura delle conseguenze, e questa è una cosa che ti paralizza. Non lasciarsi mai la possibilità che una cosa imprevista possa far volare il tuo cuore è un gran peccato. Un cuore che non vola funziona, è utile, ma è decisamente molto meno divertente».


This is actually powerful, because I personally believe that only the fear of fear itself will paralyze you, but fear on its own is a beautiful thing. If we don’t have fear, sadness… we won’t be able to appreciate pride and happiness in the same way. I am not saying you always need to be fearful, because that IS paralyzing, but to know it’s there and you can tap into is a great reminder.

 

9 hours ago, Kumazzz said:

«L’incoscienza. Quando vedi una persona, un ragazzo o una ragazza chi se ne frega della definizioni, e quella trasparenza va oltre l’aspetto fisico. Essere talmente a tuo agio da riuscire a essere inconsapevolmente incosciente è per me una cosa molto seducente».


This made me chuckle, because google translate is absolutely terrible in translating this one. It translates “incoscienza” as “unconscious” and I was like “oh Mika, we know you are a weirdo, but you’re not a creep are you!?”

I have had an Italian explain to me what it means in Italian and what I understood is that it’s about being naturally (subconsciously) aware, to have great self definition and to be confident to have pride in this, without selling yourself and/or screaming it from the rooftops. You just “are”. It’s pretty much how a person carries themselves.

And I agree with him, isn’t that what we all find attractive? 

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/08/20/mika-compie-40-anni-ho-attraversato-il-buio-avere-a-che-fare-con-la-morte-fa-capire-meglio-la-vita-e-per-i-festeggiamenti-fa-le-cose-in-grande/7266575/

 

This is another Italian newspaper which announces Mika's 40th birthday. The article is short and basically reports on or reproduces parts of the Vanity Fair interview.

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On 8/18/2023 at 2:44 PM, Kumazzz said:

 

Vanity Fair Italia

https://www.vanityfair.it/article/mika-40-anni-intervista

18 agosto 2023

 

Mika: «Questi sono i 40»

 

Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Il cantautore e showman libanese ci porta dentro i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita»
 
Se in questi giorni vi capitasse di passare per un’isola greca, potreste incappare in una coloratissima e allegra carovana. Tante barche a vela una dietro l’altra, con l’obiettivo di navigare per sei giorni. Destinazione, una piccola taverna a gestione familiare. Alla guida di questa spedizione dovreste riconoscere il comandante, che potrebbe avere in testa un copricapo a forma di tigre («sorridente», ci tiene a precisare). Quel comandante è Mika, e ha invitato chi ama di più a cena. L’occasione è importante: il cantautore e showman dai mille volti e dai mille colori il 18 agosto compie 40 anni. Pieni di cose, difficilmente riassumibili in un elenco come questo: l’infanzia a Beirut, il trasferimento a Parigi a causa della guerra civile, il padre preso in ostaggio in Kuwait all’interno dell’ambasciata americana, le difficoltà economiche, l’arrivo a Londra, la casa che non c’è più, le prime esibizioni, la mamma manager sempre al fianco, il successo con Grace Kelly nel 2007, la scoperta dell’Italia, gli anni da giudice a X Factor, i programmi tv, la consacrazione nel Regno Unito, in Francia e nel resto del mondo. Quest’estate Mika è tornato sul palco, con una consapevolezza nuova ci racconterà qui, dopo un periodo di silenzio. È stato in Corea, in Giappone, in Gran Bretagna, in Marocco, in Spagna, in Italia, in Grecia… e si è divertito molto. «Per la prima volta», spiega, «ho avuto l’impressione che il pubblico di Osaka sentisse la stessa energia di quello di Umbria Jazz. Un’energia molto forte, graffiante. Come se tutti conoscessero lo stesso linguaggio, quello che appartiene a me e alla mia musica».
 
 

Come è arrivato a questo punto?


«Ho sempre pensato che i concerti dovessero avere la stessa importanza che si dà a un nuovo album. Ho cercato quindi di costruire un mondo in cui chi entra si sente a casa. Io apro loro la porta, faccio in modo che si sentano protetti, che abbassino le loro difese. Dopo quasi 20 anni di show niente è lasciato al caso. Sono sempre stato ossessionato dalla preparazione: ogni dettaglio, ogni colore, ogni ritmo è studiato fino in fondo. Tutto questo con un unico scopo: concedere a me stesso la migliore possibilità di perdere completamente il controllo quando salgo sul palco. Pianifico tutto per dopo lasciarmi andare nel mondo più trasparente e istintivo possibile».

Cosa vuol dire compiere 40 anni?


«Mi fa ridere perché non so cosa dovrei provare. A me sembra che non siano abbastanza per dire “ecco sono arrivato nella fase deliziosa della vecchiaia”, e allo stesso tempo credo che siano troppi per avere la scusa di fare tutto il chiasso e tutte le stupidate che vorrei. È come se fossi un po’ in un purgatorio moralistico dei comportamenti, rispetto a quello che mi è permesso fare e non fare, dire e non dire. Ma vuole sapere cosa mi provoca questa sensazione?».

Certo. Cosa le provoca?


«Una reazione fortissima, ossia me ne frego completamente. Se mi chiede, invece, se sono cresciuto o se mi sento adulto, devo dire che quando salgo sul palco c’è sempre una parte di me che è rimasta alla prima volta. Mi sento quindi come se avessi sempre nove anni, per il resto invece sento di avere l’età che ho e forse anche di più».

Che cosa l’ha fatta crescere?


«Oggi capisco molto di più la vita. E questo è successo perché ho sperimentato le zone più oscure, ho attraversato il buio. Ho scoperto che, paradossalmente, avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita. Impari che si sopravvive anche al dolore».
Qui quando parla, Mika, rende le pause più profonde, prende fiato e aspetta tra un pensiero e l’altro. Non serve nominare mamma Joannie, scomparsa nel febbraio 2021, è già tutto chiaro.
«Anche se ho una parte di me che non vuole crescere, oggi non mi sento immaturo. Sento anche di non avere più paura della vita e forse nemmeno della morte. Questo mi rende più coraggioso e forse più adolescente nella grinta, nella follia, nelle ambizioni che ho. Stranamente, forse sono anche più libero».

Com’era, invece, a 20 anni?


«Estremamente alla ricerca della gioia e del calore, ma anche estremamente timido. Intimorito dagli sguardi degli altri, dai giudizi».

Con la ricerca della gioia a che punto è?


«So che la felicità più favolosa sta nelle piccole cose. Può essere fare un concerto e di sicuro sta nel mettermi a rischio con nuove idee, quando queste nuove idee mi spingono ad assumermi il rischio di essere scomodi. Dobbiamo essere scomodi, la scomodità fa provare tanta gioia. I fiori circondati dai sassi sono quelli che sbocciano più a lungo e nel mondo migliore. Rimanere creativo e sentire questa pressione di voler continuare a inventare il futuro è una cosa molto bella. Tutto questo senza perdere quelli che amo, la mia famiglia, che sento molto vicina. Un’altra cosa che mi fa felice è cucinare. Spesso mentre sono sul palco penso a cosa mangerò dopo, una felicità collegata all’altra (ride,ndr)».

Cosa le piace di più cucinare?


«Onestamente la cosa che mi provoca più soddisfazione è quando posso cucinare un sugo di pomodoro preparato con i pomodori esattamente nel momento giusto dell’anno. Quando il pomodoro è così perfetto che riesci a togliere la buccia senza immergerlo nell’acqua calda. Bastano un filo d’olio, un po’ di aglio e la natura fa il resto. Ci sarà anche quel sugo di pomodoro nella mia cena di compleanno».

 

Cosa succederà, infatti, quando la carovana giungerà a destinazione?


«Su quest’isola greca, a nove ore di distanza da Atene, ci saranno 25 persone arrivate da tutte le parti del mondo. Saremo su una spiaggia fatta di grossi sassi dove c’è solo una minuscola taverna. Lì ci sarà tutto quello che piace a me: i miei cari, un po’ di scomodità che fa sempre bene e i piatti più semplici. Staremo insieme in tutta la bellezza che la semplicità porta con sé. Io ho sempre avuto questa tradizione della carovana, anche quando ho compiuto trent'anni ho affittato sei o sette Mini Cooper e siamo partiti dalla Svizzera per arrivare in Campania. C’era anche un’infermiera che potesse prendersi cura di mia nonna durante il viaggio».

Beirut, l’Italia, Londra, Parigi, ha sempre viaggiato molto. Che valore dà ai confini?


«Esistono e sono interessanti, però un confine in sé non dovrebbe mai essere un problema. Il problema si crea quando il confine da uno dei due lati viene reso inaccessibile dalla paura o da un'aggressione. L’idea di un mondo senza confini è secondo me poco credibile, invece un mondo con confini e con meno paure è possibile. Io quando ero più giovane avevo una paura molto forte, quella di non sapere dove fosse casa. Non sapevo dove fosse il mio albero, quello sotto cui avevo fumato la prima sigaretta, dato il primo bacio, pianto… Nella mia mente mi ero quindi ricreato un paese immaginario in cui posizionare quell’albero. Per questo in tutte le mie espressioni grafiche degli inizi c’era sempre un albero, lo mettevo dappertutto senza alcun motivo. Ero ossessionato dalla casa, oggi invece riconosco che non è un problema ma un grandissimo vantaggio. Ovviamente non vale per tutti, ma sento che per me è un bene. Mi sono reso conto che quell’albero è solo un’idea, non deve esistere realmente».

Se prima c’era un albero, ora nei suoi concerti tiene in testa una tigre. Perché?


«La storia della tigre sorridente è nata qualche anno fa. Mia madre mi aveva preparato un biglietto di auguri e sotto a una foto di fiori aveva scritto “che la tua testa possa sempre fiorire". Da lì a farla diventare il mio manifesto il passo è stato breve: la tua testa fiorisce se hai delle idee, e queste idee - se sono forti e se credi abbastanza in loro - possono trasformarti in una tigre, feroce, ruggente e felice. Negli ultimi due anni ho voluto essere quella tigre e creare il mio atelier che oggi finalmente è operativo».

Dove si trova?


«È in Puglia, e lì - insieme ad alcuni collaboratori bravissimi - diamo forma ai miei disegni creando abiti cuciti a mano, maschere, opere d’arte. Sono cresciuto con una madre, oggi non c’è più, che creava vestiti in cucina, da noi c’erano sempre le sarte alle 7 del mattino. Si confondevano le spille e i tessuti, con la cioccolata calda e il pane burro e marmellata della colazione. Le sarte restavano anche alle 10 di sera, mischiandosi con il pollo e il riso della cena. Sono cresciuto così con l’idea che i vestiti non debbano essere solo qualcosa che si trovano nei negozi, immobili, i vestiti sono caos e creazione. Da sempre mi piace lavorare con i grandi stilisti ma anche con i piccoli artigiani. Negli ultimi anni sono entrato in una fase ossessiva in cui ho studiato i primi abiti di Mick Jagger e David Bowie, quelli creati da loro stessi. Ho trovato così negli abiti ancora più poesia, credo che un artista debba avere anche la responsabilità di creare qualcosa con le proprie mani, imperfetto magari ma genuino. Partendo da questo è nato il mio atelier di moda. Mia madre ne aveva uno, ma è sparito con lei. Io ho sempre avuto un laboratorio di scenografia ed esiste ancora, è in Inghilterra».

 

Ha raccontato che lì conserva anche tutte le sue scenografie di scena.


«Sembra un lunapark, dentro ci sono cose pazzesche. Quando entri lì, entri dentro il mio mondo bislacco, è come entrare in un film di Tim Burton».

Cosa le piace di più del conservare le cose?


«Ogni oggetto rappresenta un momento e racconta una storia. Quando la guardo in progressione ho la conferma che sto continuando a costruire, ed è sempre molto più interessante inventare il futuro quando non dimentichi il passato».

In quasi 20 anni di carriera e di show, quanto pensa abbia aggiunto la musica alla sua vita?


«La mia intera vita è musica, tutto questo storytelling che le ho raccontato finora è al servizio della musica. Ho questo desiderio da quando avevo 8 anni, già allora c’era il mondo intorno a me e poi c’era il mio mondo immaginario. E avevo una paura enorme non di fallire ma di non avere la possibilità di trasformare in realtà quei sogni astratti. Sogni che ho anche oggi. Quando mi viene l’idea di un qualcosa che potrebbe essere ma non so bene come, entro in una sorta di “daydreaming” continuo. Da ragazzino temevo di rimanere solo un sognatore e questo sarebbe stato un fallimento per me, e non un fallimento da cui puoi imparare qualcosa, bensì un vuoto in cui non c’è nulla da tirare fuori. Avevo 8 anni ed ero terrorizzato. Spostavo tutti i mobili di casa, mettevo le sedie sul tavolo, e ci vedevo tutta una scenografia, un mondo parallelo. La mia famiglia, invece, vedeva solo la realtà delle cose, ossia scatole vuote, mobili del salotto riposizionati. Non vedevano il mio paesaggio, il mio albero, tutte le cose meravigliose che invece immaginavo io. A un certo punto ricordo anche una conversazione tra mio padre e mia madre in cui lui le chiedeva se la mia immaginazione estrema potesse essere una patologia, qualcosa da curare. In quel momento ho sentito la pressione ancora più forte, dovevo assolutamente trovare un modo per costruire nella realtà quello che immaginavo nella mia testa».

 
 

Poi l’ha trovato. Il suo mondo immaginario esiste ancora?


«Assolutamente sì. Anche se ho quest’atelier molto grande e bello, mi piace lavorare sempre in cucina. Resto lì e vado alla ricerca di storie che mi emozionano. In questo momento sto ridisegnando, insieme a un grafico inglese, il logo Mika che per me è stato certezza per tanto tempo. Stiamo lavorando intorno all’idea della cellula, che è il luogo originario di qualsiasi cosa. Tutto e niente partono da lì. Sono e sarò sempre un daydreamer, un sognatore a occhi aperti. Un insegnante d’arte che avevo ai tempi della scuola mi ha insegnato che ognuno di noi può fare qualsiasi cosa nella vita, basta che non abbia paura di quello che pensa di poter o non poter fare. Basta prendere un’idea, svilupparla e poi darle il permesso di evolversi, cambiare forma e colore. Vale anche per la vita: deve avere il permesso di virare verso l’imprevisto».

Che cosa le ha tolto, invece, la musica?


«Il tempo. Il senso del tempo, da un punto di vista lineare e tradizionale perché la musica impone altri tempi e altre regole. Questa cosa può essere molto seducente, ma spesso ti ritrovi a vivere una linea del tempo molto diversa da quelli che hai intorno, anche quelli che ami. Come la tua famiglia o gli amici, e questo rischia di isolarti. È un qualcosa da gestire, controllare».

Che cosa le fa paura oggi?


«Che si crei intorno a me una situazione generale o personale che possa bloccare le mie idee e la mia immaginazione. Mi fa paura non avere più il desiderio o la possibilità di essere un sognatore. Ho paura del timore, ho paura di avere paura delle conseguenze, e questa è una cosa che ti paralizza. Non lasciarsi mai la possibilità che una cosa imprevista possa far volare il tuo cuore è un gran peccato. Un cuore che non vola funziona, è utile, ma è decisamente molto meno divertente».

Per innamorarsi, invece, cosa le serve?


«L’incoscienza. Quando vedi una persona, un ragazzo o una ragazza chi se ne frega della definizioni, e quella trasparenza va oltre l’aspetto fisico. Essere talmente a tuo agio da riuscire a essere inconsapevolmente incosciente è per me una cosa molto seducente».

È ancora un timido?


«Sì, un po’. E soprattutto arrossisco con una facilità incredibile. Sul palco faccio quello che so fare, ma quando vado a una festa spesso sparisco. Questo, però, ha dei vantaggi».

Quali?


«Quando sai sparire, puoi sparire in qualsiasi momento, anche al supermercato. Io so sparire in un secondo, è come se avessi una cappa magica che quando la indosso mi rende invisibile. Del resto è stancante essere sempre visibili, essere sempre davanti agli occhi degli altri. Io mi infilo il mio mantello e puff, scomparso!».

 

Google translate :uk:

  Reveal hidden contents

 

 

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INSTAGRAM

https://www.instagram.com/p/CwFc5KZMFN-/

 

Una carovana tra le isole greche, un sugo al pomodoro preparato a mano e la felicità che fa rima con scomodità. Questi sono i suoi 40 anni, che compie il 18 agosto da «tigre sorridente». Con la consapevolezza che «avere a che fare con la morte può farti capire meglio la vita».

 

Mika (@mikainstagram) è il protagonista della cover digitale di questa settimana.

 

  • 🔗 L'intervista di @stefisalta al link in bio
  •  
  • Foto Art direction: Thierry-Maxime Loirot
  • Hair: Geraldine Fougerat-Gay
  • Abiti, Atelier Mika. Scarpe, Louboutin
  • Ufficio stampa: @goigest

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Thank you! I added the English translation.  Love this interview! :wub2:

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Just going through some of my old reports of gigs & meetings and just found this, it's so funny because it completely confirms what Mika said in this interview about disappearing. :lmfao: I met him and the band at the airport in Ibiza in 2007, my boarding gate was right next to theirs, and I had chatted for a while with Mika's guitarist Martin, while he was in the queue for boarding his flight. And then this happened:

Quote

i returned to my waiting area and then suddenly saw mika and his sister sitting right next to the queue, i wonder if they'd been there all the time since i saw them coming out of the duty free shop?! mika must have some sort of invisibility cloak, i mean, he was in this area all the time, and i was looking for him (not to talk, but just wanted to see him again :wink2:), but didn't see him!

 

You'd think that as a fan and in a situation when you KNOW he's around you'd notice him, but nope, his invisibility cloak works even in those situations. :lol3:

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Velvet Music

https://www.velvetmusic.it/2023/08/27/mika-la-guerra-in-libano-le-allergie-le-assurde-fissazioni-e-tutte-le-curiosita-sulla-pop-star-internazionale/

27 Agosto 2023

 

Mika, la guerra in Libano, le allergie, le assurde fissazioni e tutte le curiosità sulla pop star internazionale

 

Il personaggio di Mika è tra i più caratteristici del panorama musicale pop, ma non tutti conoscono alcune curiosità del cantante.

 

Mika, pseudonimo di Michael Holbrook Penniman Jr., è conosciuto a livello internazionale da un pubblico che ha saputo coglierne l’essenza sin dal primo istante. Il suo stile giocoso e colorato e la sua personalità spumeggiante, sono sicuramente la chiave di un successo inimitabile.
 

Per quanto il suo sembri un mondo fatto di petali di rosa e unicorni, Mika vanta una  carriera sudata, in quanto, la sua testardaggine gli ha permesso di muoversi in un settore in cui è difficile ottenere il successo. L’artista infatti, ha sempre avuto valori ben delineati, associando l’immagine pop come sinonimo di unicità e personalità. Per questo si è battuto con le case discografiche stesse per non scendere a compromessi portati da mode fugaci. Tuttavia, per quanto il personaggio di Mika possa sembrare già conosciuto, esistono diverse curiosità sull’artista, alcune che potrebbero lasciare a bocca aperta chiunque.

 

5 curiosità su Mika che in pochi conoscono

 

Da poco Mika ha compiuto 40 anni, anche se a molti sembra un eterno ragazzino. In occasione del suo compleanno ha rilasciato un’intervista a Vanity Fair dove parla di questo traguardo. “Ecco – afferma Mika -, sono arrivato nella fase deliziosa della vecchiaia, e allo stesso tempo credo che siano troppi per avere la scusa di fare tutto il chiasso e tutte le stupidate che vorrei. È come se fossi un po’ in un purgatorio moralistico dei comportamenti, rispetto a quello che mi è permesso fare e non fare, dire e non dire”. Tuttavia, oltre al passare del tempo, alcune caratteristiche, vissuti e dettagli dell’artista sono ancora oggi sconosciuti a molti.

 

Non tutti sanno che Mika parla ben 7 lingue, tra queste troviamo: inglese, francese, spagnolo, italiano e dialetto libanese (di cui ne porta le origini). Durante la guerra in Libano, Mika e la sua famiglia si trovarono costretti a vivere per 7 mesi nell’ambasciata americana in Kuwait. Lui stesso ha raccontato durante un’intervista, di essere scappato con i suoi genitori e i suoi quattro fratelli senza poter portare con sé nessun oggetto di valore, né economico e né affettivo. Nel 1984, all’età di soli due anni, Mika ha dovuto infatti abbandonare una casa oramai distrutta.

Questo tuttavia, è solo un tassello della sua vita d’artista, colui che trovò il successo grazie al suo profilo MySpace, che all’inizio della sua carriera attirò l’attenzione delle case discografiche. Nel 2006 l’artista firmò così il suo primo contratto per il singolo Grace Kelly.

 

Oltre al suo passato, non tutti sanno che Mika conserva delle allergie abbastanza fastidiose, ossia ai frutti di mare, alle punture di zanzara e al burro d’arachidi. Tra gli alimenti presenti nella sua dieta non può assolutamente mancare la pasta, piatto che ama particolarmente; d’altro canto prova disgusto per il latte. Tuttavia, la sua caratteristica più bizzarra riguarda lo shopping: l’artista compra sempre tre pezzi di un qualsiasi capo di abbigliamento. Sarà per paura di perderli?

 

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Velvet Music

https://www.velvetmusic.it/2023/08/05/mika-durante-i-suoi-concerti-puo-succedere-di-tutto-non-posso-dirlo-ad-alta-voce/

5 Agosto 2023

 

Mika, durante i suoi concerti può succedere di tutto: “Non posso dirlo ad alta voce…”

 

Mika è tornato a stupire i suoi fan con uno dei suoi concerti più belli, ma che succede sul palco? “Non posso dirlo…”.

 
Con la sua voce straordinaria, Mika si conferma come uno dei cantanti più amati in assoluto. Grazie ai brani dal sapore fresco e dal ritmo travolgente, l’artista originario del Libano è diventato una celebrità a tutti gli effetti. Ormai i suoi concerti sono dei veri e propri show imperdibili, ma che cosa è successo di recente?
 

Quello di Mika è senza ombra di dubbio uno dei volti più amati all’interno del panorama musicale internazionale. Famoso in tutto il mondo, l’artista libanese è un’autentica celebrità in Italia, dove ha costruito una carriera che farebbe impallidire chiunque. Dalla musica alla televisione, il cantante ne ha fatta di strada.

Tutti conoscono Mika non solo per il suo talento incredibile ma anche per la simpatia travolgente e per la timidezza e l’umiltà che da sempre lo contraddistinguono. Doti, queste, che il cantante esterna tanto in tv quanto sul palco. Proprio di recente, nel corso di un’esibizione in Emilia-Romagna, Mika si è reso protagonista di un siparietto che è subito diventato virale.

 

Mika, ai suoi concerti è impossibile annoiarsi: il video

 

Come testimoniano svariati video, apparsi sia su YouTube che su Tik Tok, nel corso del suo concerto a Cattolica mica si è fermato qualche minuto sul palco per parlare con il suo folto pubblico. Proprio a loro il cantante ha raccontato di ricevere spesso dei cartelloni da parte dei suoi fan, dove gli vengono fatte delle domande anche abbastanza particolari.

“Delle domande anche un po’ pericolose”, ha scherzato l’artista. “Non posso dirlo ad alta voce, soprattutto in un posto che si chiama ‘Cattolica’”, ha aggiunto, facendo ridere il pubblico.

 

Nato a Beirut nel 1983, Mika figura tra i maggiori interpreti della scena pop a livello mondiale. In Italia il cantante si è fatto conoscere grazie ai suoi brani famosissimi, che hanno conquistato i cuori di milioni di ascoltatori. Tra questi è impossibile non ricordare Grace Kelly, Relax, Take It Easy, ma anche Blame It on the Girls, Staring at the Sun e tanti altri ancora.

 

Nel corso degli anni il cantante ha lavorato con i big della musica, sia italiana che straniera, dando vita a brani che si sono piazzati in men che non si dica ai vertici delle maggiori classifiche. Tra questi spiccano Popular Song con Ariana Grande, Stardust insieme a Chiara, Bella d’estate con Michele Bravi e molte altre.

 
Dalla musica, Mika è passato al mondo dello spettacolo vestendo prima i panni di giurato e poi quelli di conduttore vero e propria. L’ultima avventura in ordine di tempo è quella che l’ha visto al timone dell’Eurovision Song Contest, al fianco di Laura Pausini e Alessandro Cattelan.

 

 

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Corriere della Sera 03 Settembre 2023

 

 

Il Tempo delle Donne

 

domenica 10 settembre

Ore 20.30 | Teatro dell’Arte

 

LA LIBERTÀ NON È STAR SOPRA UN ALBERO

Finale in musica

 

Con Tananai

 

Ucraina, Europa, noi.

Siamo persone libere?

 

Con Ivan Cotroneo, Paolo Giordano e Mika

 

A cura di Andrea Laffranchi e Barbara Stefanelli

 

 

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1 hour ago, Kumazzz said:

 

1 hour ago, Kumazzz said:

 

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On 9/3/2023 at 8:59 AM, Kumazzz said:

Corriere della Sera 03 Settembre 2023

 

 

Il Tempo delle Donne

 

domenica 10 settembre

Ore 20.30 | Teatro dell’Arte

 

LA LIBERTÀ NON È STAR SOPRA UN ALBERO

Finale in musica

 

Con Tananai

 

Ucraina, Europa, noi.

Siamo persone libere?

 

Con Ivan Cotroneo, Paolo Giordano e Mika

 

A cura di Andrea Laffranchi e Barbara Stefanelli

 

 

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I've moved the other posts to an extra thread about the event:

 

 

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Corriere della Sera

 

 

Mika: «La poesia cambia la vita: quella di Patrizia Cavalli lo ha fatto con me»

 

Il cantante ha voluto ricordare la poetessa e quelle parole attraverso cui

«avviene qualcosa di assurdo. Non smuove denaro ma è una delle cose più importanti della società»

 

«Le mie poesie non cambieranno il mondo» è un docu prodotto da Fandango sulla poetessa Patrizia Cavalli con la regia di Annalena Benini e Francesco Piccolo. Presentato alle Notti Veneziane delle Giornate degli autori alla Mostra del Cinema di Venezia, sarà nella sale dal 14 settembre. Mika, che ospitò la poetessa nel suo show su Rai2 (la clip è inserita nel documentario), la ricorda così.

 

Con la poesia avviene qualcosa di assurdo. Tecnicamente, politicamente, economicamente non conta affatto. Non smuove denaro, non cambia il mondo. Allo stesso tempo è una delle cose più importanti della nostra società e del nostro essere donne e uomini. Lo dico senza esagerazioni, e con il cuore lo vorrei spiegare alle nuove generazioni: la poesia, quando c’è, cambia tutto. Si ritrova in maniera concreta: scritta, disegnata, si ritrova nella musica. La poesia ha una linea, una regola di bellezza e un insieme di emozioni organizzate che offrono senso a ciò che ci sta intorno. Se partiamo, infatti, dal principio che la regola della bellezza sia l’unica cosa che dà principio al mondo, possiamo affermare, senza dubbio, che la poesia è vitale. La poesia è dappertutto: nella canzone, ad esempio, cerchiamo di usare un linguaggio quasi semplice per provocarla e farla venire alla luce nell’insieme della musica, della voce, della strumentazione e anche delle parole. Questa danza, questo ballo che deve succedere quando c’è armonia, quando tutti gli elementi si muovono e si allineano nel modo giusto non può che offrire un risultato poetico e potente. Essere poetico e potente, infatti, è ciò che conta di più. È fondamentale. Anche per questo, Patrizia Cavalli è stata una delle più belle scoperte della mia vita. È avvenuta tardi, quando ho iniziato a immergermi nella cultura italiana e ho cominciato a conoscere la vostra storia. Venendo da un’educazione classica, mi sono trovato a vivere episodi curiosi: conoscevo tutte le opere di Domenico Scarlatti, compositore di musica barocca, ma non avevo mai sentito Fabrizio De Andrè. Quando sono arrivato in Italia, mi sono immerso nella canzone italiana – oltre a Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Luigi Tenco e tantissimi altri artisti. Poi prendendo coraggio ho iniziato a entrare anche nel mondo della letteratura e della poesia. Il mio incontro con Patrizia Cavalli nella trasmissione Stasera CasaMika è stata probabilmente una delle cose più belle che ho potuto fare con un ospite, dando una luce pop alla poesia. È stato surreale, strano, bellissimo e anche inaspettato, quasi all’improvviso. Con quella trasmissione sulla Rai avrei voluto fare due cose: volevo essere poetico e allo stesso tempo originale. Per esempio, volevo ospitare sia Bernardo Bertolucci che Patrizia Cavalli. Bertolucci non ha potuto esserci, Cavalli, invece, è venuta. Forse questo mi ha insegnato Patrizia: l’inconsapevolezza della poesia. È la cosa più importante, anche se non lo sai. Questa è la sua forza: la poesia sembra niente, ma quando c’è, in realtà, cambia tutto.

 
 
 
:uk: Google translator

Mika: «Poetry changes lives: Cavalli's did it with me»


The singer wanted to remember the poet and those words through which

«something absurd happens. It doesn't move money but it is one of the most important things in society"

 

«My poems will not change the world» is a docu produced by Fandango on the poet Patrizia Cavalli by Annalena Benini and Francesco Piccolo. Presented at Notti Veneziane it will be in theaters from today. Mika, who hosted her on her show on Rai2 (the clip is in the documentary), remembers her like this.


Something absurd happens with poetry. Technically, politically, economically it doesn't matter at all. It doesn't move money, it doesn't change the world. At the same time it is one of the most important things about our society and about our being women and men. I say it without exaggeration, and from my heart I would like to explain it to the new generations: poetry, when it exists, changes everything. It can be found in a concrete way: written, drawn, it can be found in music. Poetry has a line, a rule of beauty and a set of organized emotions that offer meaning to what is around us. In fact, if we start from the principle that the rule of beauty is the only thing that gives rise to the world, we can affirm, without a doubt, that poetry is vital. Poetry is everywhere: in the song, for example, we try to use an almost simple language to provoke it and make it come to light in the whole of the music, the voice, the instrumentation and even the words. This dance, this dance that must happen when there is harmony, when all the elements move and align in the right way can only offer a poetic and powerful result. Being poetic and powerful, in fact, is what matters most. Is critical. Also for this reason, Patrizia Cavalli was one of the most beautiful discoveries of my life. It happened late, when I began to immerse myself in Italian culture and began to learn about your story. Coming from a classical education, I found myself experiencing curious episodes: I knew all the works of Domenico Scarlatti, composer of baroque music, but I had never heard Fabrizio De Andrè. When I arrived in Italy, I immersed myself in Italian song – as well as Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Luigi Tenco and many other artists. Then, taking courage, I also began to enter the world of literature and poetry. My meeting with Patrizia Cavalli on the show Stasera CasaMika was probably one of the most beautiful things I was able to do with a guest, giving a pop light to poetry. It was surreal, strange, beautiful and also unexpected, almost suddenly. With that broadcast on Rai I wanted to do two things: I wanted to be poetic and at the same time original. For example, I wanted to host both Bernardo Bertolucci and Patrizia Cavalli. Bertolucci couldn't be there, Cavalli, however, came. Perhaps this is what Patrizia taught me: the unawareness of poetry. It's the most important thing, even if you don't know it. This is her strength: poetry seems like nothing, but when it is there, in reality, it changes everything.

 
 
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Stasera Casa Mika
Patrizia Cavalli
St 2016
6 min
La poetessa Patrizia Cavalli è ospite di Casa Mika e si esibisce nelle sue poesie
 
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Getty images
ROME, ITALY - JUNE 09:
Mark Robbins, Giorgio Moroder, Patrizia Cavalli and Mika attend McKim Medal Gala In Rome at Villa Aurelia on June 9, 2016
 
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8 hours ago, Kumazzz said:

Corriere della Sera

 

 

Mika: «La poesia cambia la vita: quella di Patrizia Cavalli lo ha fatto con me»

 

Il cantante ha voluto ricordare la poetessa e quelle parole attraverso cui

«avviene qualcosa di assurdo. Non smuove denaro ma è una delle cose più importanti della società»

 

«Le mie poesie non cambieranno il mondo» è un docu prodotto da Fandango sulla poetessa Patrizia Cavalli con la regia di Annalena Benini e Francesco Piccolo. Presentato alle Notti Veneziane delle Giornate degli autori alla Mostra del Cinema di Venezia, sarà nella sale dal 14 settembre. Mika, che ospitò la poetessa nel suo show su Rai2 (la clip è inserita nel documentario), la ricorda così.

 

Con la poesia avviene qualcosa di assurdo. Tecnicamente, politicamente, economicamente non conta affatto. Non smuove denaro, non cambia il mondo. Allo stesso tempo è una delle cose più importanti della nostra società e del nostro essere donne e uomini. Lo dico senza esagerazioni, e con il cuore lo vorrei spiegare alle nuove generazioni: la poesia, quando c’è, cambia tutto. Si ritrova in maniera concreta: scritta, disegnata, si ritrova nella musica. La poesia ha una linea, una regola di bellezza e un insieme di emozioni organizzate che offrono senso a ciò che ci sta intorno. Se partiamo, infatti, dal principio che la regola della bellezza sia l’unica cosa che dà principio al mondo, possiamo affermare, senza dubbio, che la poesia è vitale. La poesia è dappertutto: nella canzone, ad esempio, cerchiamo di usare un linguaggio quasi semplice per provocarla e farla venire alla luce nell’insieme della musica, della voce, della strumentazione e anche delle parole. Questa danza, questo ballo che deve succedere quando c’è armonia, quando tutti gli elementi si muovono e si allineano nel modo giusto non può che offrire un risultato poetico e potente. Essere poetico e potente, infatti, è ciò che conta di più. È fondamentale. Anche per questo, Patrizia Cavalli è stata una delle più belle scoperte della mia vita. È avvenuta tardi, quando ho iniziato a immergermi nella cultura italiana e ho cominciato a conoscere la vostra storia. Venendo da un’educazione classica, mi sono trovato a vivere episodi curiosi: conoscevo tutte le opere di Domenico Scarlatti, compositore di musica barocca, ma non avevo mai sentito Fabrizio De Andrè. Quando sono arrivato in Italia, mi sono immerso nella canzone italiana – oltre a Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Luigi Tenco e tantissimi altri artisti. Poi prendendo coraggio ho iniziato a entrare anche nel mondo della letteratura e della poesia. Il mio incontro con Patrizia Cavalli nella trasmissione Stasera CasaMika è stata probabilmente una delle cose più belle che ho potuto fare con un ospite, dando una luce pop alla poesia. È stato surreale, strano, bellissimo e anche inaspettato, quasi all’improvviso. Con quella trasmissione sulla Rai avrei voluto fare due cose: volevo essere poetico e allo stesso tempo originale. Per esempio, volevo ospitare sia Bernardo Bertolucci che Patrizia Cavalli. Bertolucci non ha potuto esserci, Cavalli, invece, è venuta. Forse questo mi ha insegnato Patrizia: l’inconsapevolezza della poesia. È la cosa più importante, anche se non lo sai. Questa è la sua forza: la poesia sembra niente, ma quando c’è, in realtà, cambia tutto.

 
 
 
:uk: Google translator

Mika: «Poetry changes lives: Cavalli's did it with me»


The singer wanted to remember the poet and those words through which

«something absurd happens. It doesn't move money but it is one of the most important things in society"

 

«My poems will not change the world» is a docu produced by Fandango on the poet Patrizia Cavalli by Annalena Benini and Francesco Piccolo. Presented at Notti Veneziane it will be in theaters from today. Mika, who hosted her on her show on Rai2 (the clip is in the documentary), remembers her like this.


Something absurd happens with poetry. Technically, politically, economically it doesn't matter at all. It doesn't move money, it doesn't change the world. At the same time it is one of the most important things about our society and about our being women and men. I say it without exaggeration, and from my heart I would like to explain it to the new generations: poetry, when it exists, changes everything. It can be found in a concrete way: written, drawn, it can be found in music. Poetry has a line, a rule of beauty and a set of organized emotions that offer meaning to what is around us. In fact, if we start from the principle that the rule of beauty is the only thing that gives rise to the world, we can affirm, without a doubt, that poetry is vital. Poetry is everywhere: in the song, for example, we try to use an almost simple language to provoke it and make it come to light in the whole of the music, the voice, the instrumentation and even the words. This dance, this dance that must happen when there is harmony, when all the elements move and align in the right way can only offer a poetic and powerful result. Being poetic and powerful, in fact, is what matters most. Is critical. Also for this reason, Patrizia Cavalli was one of the most beautiful discoveries of my life. It happened late, when I began to immerse myself in Italian culture and began to learn about your story. Coming from a classical education, I found myself experiencing curious episodes: I knew all the works of Domenico Scarlatti, composer of baroque music, but I had never heard Fabrizio De Andrè. When I arrived in Italy, I immersed myself in Italian song – as well as Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Luigi Tenco and many other artists. Then, taking courage, I also began to enter the world of literature and poetry. My meeting with Patrizia Cavalli on the show Stasera CasaMika was probably one of the most beautiful things I was able to do with a guest, giving a pop light to poetry. It was surreal, strange, beautiful and also unexpected, almost suddenly. With that broadcast on Rai I wanted to do two things: I wanted to be poetic and at the same time original. For example, I wanted to host both Bernardo Bertolucci and Patrizia Cavalli. Bertolucci couldn't be there, Cavalli, however, came. Perhaps this is what Patrizia taught me: the unawareness of poetry. It's the most important thing, even if you don't know it. This is her strength: poetry seems like nothing, but when it is there, in reality, it changes everything.

 
 
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Stasera Casa Mika
Patrizia Cavalli
St 2016
6 min
La poetessa Patrizia Cavalli è ospite di Casa Mika e si esibisce nelle sue poesie
 
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Getty images
ROME, ITALY - JUNE 09:
Mark Robbins, Giorgio Moroder, Patrizia Cavalli and Mika attend McKim Medal Gala In Rome at Villa Aurelia on June 9, 2016
 
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I love it when Mika writes guest articles. :wub2: He has a lot to say about so many things, and I always love listening to/reading all of it. :mikalove:

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Corriere della Sera

https://video.corriere.it/spettacoli/mika-patrizia-cavalli-la-poesia-cosa-piu-importante-vita-non-sappiamo-neanche/721ad014-5175-11ee-929c-7dcc808a97b8

15 settembre 2023

 

Mika su Patrizia Cavalli: «La poesia è la cosa più importante nella vita e non lo sappiamo neanche»

 

Il cantautore e showman ricorda la poetessa scomparsa, protagonista del documentario «Le mie poesie cambieranno il mondo»

CorriereTv

 

«Le mie poesie cambieranno il mondo» è un documentario sulla poetessa Patrizia Cavalli, scomparsa nel 2022, realizzato da Annalena Benini e Francesco Piccolo. Presentato alle Notti Veneziane, sarà nelle sale da giovedì 14 settembre.

Mika, che ospitò la poetessa nel suo show su Rai2 «Stasera casa Mika» (la clip è nel documentario), ricorda l’importanza di averla conosciuta: «È stata una delle mie belle scoperte, quando mi sono immerso nella cultura italiana — dice il cantautore e showman — È stata una delle cose più belle che ho potuto fare con un’ospite. Poetica, surreale, strana, bellissima».

 

:uk: Google translator

Mika on Patrizia Cavalli: «Poetry is the most important thing in life and we don't even know it»


The singer-songwriter and showman remembers the deceased poet, protagonist of the documentary «My poems will change the world»

 

CorriereTv


«My poems will change the world» is a documentary on the poet Patrizia Cavalli, who passed away in 2022, made by Annalena Benini and Francesco Piccolo. Presented at Notti Veneziane, it will be in theaters from Thursday 14 September.

Mika, who hosted the poet on his show on Rai2 «Stasera casa Mika» (the clip is in the documentary), remembers the importance of having met her: «It was one of my beautiful discoveries, when I immersed myself in Italian culture – he says the singer-songwriter and showman — It was one of the nicest things I could do with a guest. Poetic, surreal, strange, beautiful."

 

 

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2 minutes ago, Kumazzz said:

Corriere della Sera

https://video.corriere.it/spettacoli/mika-patrizia-cavalli-la-poesia-cosa-piu-importante-vita-non-sappiamo-neanche/721ad014-5175-11ee-929c-7dcc808a97b8

15 settembre 2023

 

Mika su Patrizia Cavalli: «La poesia è la cosa più importante nella vita e non lo sappiamo neanche»

 

Il cantautore e showman ricorda la poetessa scomparsa, protagonista del documentario «Le mie poesie cambieranno il mondo»

CorriereTv

 

«Le mie poesie cambieranno il mondo» è un documentario sulla poetessa Patrizia Cavalli, scomparsa nel 2022, realizzato da Annalena Benini e Francesco Piccolo. Presentato alle Notti Veneziane, sarà nelle sale da giovedì 14 settembre.

Mika, che ospitò la poetessa nel suo show su Rai2 «Stasera casa Mika» (la clip è nel documentario), ricorda l’importanza di averla conosciuta: «È stata una delle mie belle scoperte, quando mi sono immerso nella cultura italiana — dice il cantautore e showman — È stata una delle cose più belle che ho potuto fare con un’ospite. Poetica, surreale, strana, bellissima».

 

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Mika on Patrizia Cavalli: «Poetry is the most important thing in life and we don't even know it»


The singer-songwriter and showman remembers the deceased poet, protagonist of the documentary «My poems will change the world»

 

CorriereTv


«My poems will change the world» is a documentary on the poet Patrizia Cavalli, who passed away in 2022, made by Annalena Benini and Francesco Piccolo. Presented at Notti Veneziane, it will be in theaters from Thursday 14 September.

Mika, who hosted the poet on his show on Rai2 «Stasera casa Mika» (the clip is in the documentary), remembers the importance of having met her: «It was one of my beautiful discoveries, when I immersed myself in Italian culture – he says the singer-songwriter and showman — It was one of the nicest things I could do with a guest. Poetic, surreal, strange, beautiful."

 

 

 

Ah ok, so they just transcribed what he says in the video? Good anyway to be able to read & translate it. :)

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